L’autoironia
Le parole hanno un significato intrinseco, generalmente condiviso.
Sono strumenti mediante i quali noi esseri umani trasmettiamo dei giudizi ed hanno un doppio potere: quello di etichettare l’altro appiccicando addosso un ruolo, un valore, una identità, e quello di attivare emozioni positive o negative a seconda del significato benevolo o svalutativo che possiede.
Alcune persone hanno imparato un modo funzionale per farsi scivolare di dosso le etichette negative, che sanno solo ferire e condizionare la propria autostima, ovvero utilizzare l’autoironia.
L’autoironia è una forma di umorismo intesa come meccanismo di difesa emotivo molto potente ed efficace.
Sembra quasi un superpotere: prendersi in giro, prendersi meno sul serio, utilizzando quelle parole negative con ironia, è un modo sano per ridimensionare il potere delle parole negative, per non attivare emozioni dolorose e per non intaccare la propria autostima, la percezione del proprio valore.
Solo la autoironia ha questa funzione. Quante volte vi è capitato di essere “presi in giro”, etichettati negativamente da altre persone e di non poterlo accettare, nonostante vi abbiano detto le stesse cose che voi spesso e volentieri, anche inconsapevolmente, dite a voi stessi?
Etichettare l’altro con le stesse parole negative che la persona dice a se stesso ironizzando, è pur sempre una forma di giudizio di natura negativa che, diversamente dall’autoironia, sa ferire e svalutare.
Come ogni superpotere, l’autoironia ha però la sua criptonite: può portare l’individuo a fare umorismo su pensieri, emozioni, comportamenti disfunzionali, accettandoli come caratteristici della propria persona, impedendo di conseguenza di metterli in discussione e di lavorare su se stesso.