I 3 schemi comportamentali
Durante la vita di tutti i giorni, di fronte a situazioni che ci creano disagio e sofferenza, mettiamo in atto dei pattern comportamentali che ci aiutano a tener lontano o prevenire il malessere.
Una persona che prova ansia per un esame imminente può mettere in atto uno dei tre tipi di pattern comportamentali possibili:
1- studiare per l’esame cercando di prepararsi nel modo migliore possibile, magari facendo schemi, ripetendo diverse volte o cercando di formulare e rispondere alle possibili domande che il docente potrebbe porre (piano prescrittivo);
2- cercare di non pensare all’esame, distrarsi in tutti i modi per non sentire l’ansia, magari perdendosi a guardare serie tv, uscire con gli amici, fare uso di sostanze come alcool, cannabis… (piano immunizzante);
3- procrastinare lo studio fino a ridursi all’ultimo momento e non presentarsi il giorno dell’esame per via della scarsa preparazione (piano prudenziale).
A seconda del contesto e situazione questi comportamenti sono funzionali o meno, in base all’efficacia che hanno nel raggiungere l’obiettivo prefissato (es. passare l’esame). Pertanto il medesimo schema comportamentale non è efficace in tutte le situazioni che la persona si trova a dover affrontare.
Per adattarsi all’ambiente e alle sue richieste, infatti, una persona deve essere in grado di adottare lo schema comportamentale più efficace, scegliendo tra i tre precedentemente presentati. Questa possibilità di scelta permette al singolo individuo di essere flessibile e fronteggiare egregiamente le difficoltà. Il piano prescrittivo, per esempio, che per superare un esame sembra essere il più adeguato, può non essere utile in altri contesti come gestire una lite tra i propri genitori o una situazione di cui non possiamo avere il controllo.
Questi schemi vengono appresi sin dall’infanzia e sviluppati nel corso delle varie relazioni con gli altri, ma non è scontato che tutti e tre vengano sperimentati da un individuo. Se non abbiamo potuto apprenderli, cosa succede?
Quello che accade è che di fronte alle diverse difficoltà, una persona attiva il pattern comportamentale che meglio conosce, che è risultato funzionale ed efficace in precedenza. Si parla di persona rigida, perché di fronte a situazioni di diversa entità attuerà sempre e solo quello specifico schema, che risulterà poco utile in determinati contesti.
Tornando al nostro esame, se una persona adottasse sempre l’evitamento non riuscirebbe mai a laurearsi, ma nonostante questa consapevolezza la persona potrebbe non riuscire ad agire diversamente. Da qui si può generare un forte malessere che può portare l’individuo a sviluppare una psicopatologia, ovvero una sofferenza dello spirito. Se non si interviene, il disagio psicologico può aumentare e cronicizzarsi, diventare più “resistente”, andando a condizionare la qualità di vita.
La psicoterapia gioca qui un ruolo essenziale, in quanto aiuta la persona a divenire consapevole della sua rigidità, dell’inefficacia delle strategie che adotta di fronte alle difficoltà della vita, e sviluppare strategie più funzionali ed efficaci per fronteggiare le diverse situazioni.